Gli incunaboli: la culla della stampa
- Biblioteca
- Agosto 9, 2020
La lettura è per tutti: la storia degli incunaboli
Nel 1453 a Magonza inizia una vera e propria rivoluzione che coinvolgerà non solo l’ambito della cultura, ma la vita sociale ed economica in tutto il mondo. Gutenberg, partendo dall’applicazione di una tecnica già inventata nel 1041 dal cinese Bi Sheng, introduce in Germania l’uso dei caratteri mobili per la riproduzione in serie di uno stesso testo, producendo così molteplici esemplari da un’unica matrice. I libri stampati attraverso l’utilizzo di questa innovativa tecnica (tra la metà del XV secolo e l’anno 1500 incluso) vengono chiamati appunto “incunaboli”.
In Italia, un decennio dopo, i monaci Sweynheym e Pannartz si trasferiscono nel Monastero di Santa Scolastica portando con loro i caratteri mobili. Lì stampano tra il 1465 e il 1467 tre volumina: Il “Lattanzio” (primo incunabolo stampato in Italia, 29 ottobre 1465), il De oratore di Cicerone e il De civitate Dei di Sant’Agostino, garantendo così a Subiaco il primato della stampa in Italia.
Grazie alla disposizione dei caratteri in un’intelaiatura, nella quale il testo prende forma ma in negativo, e alla successiva impressione di un foglio di pergamena attraverso un torchio a vite, diventa possibile riprodurre decine di esemplari al giorno, permettendone la diffusione a costi ridotti e tempi di gran lunga inferiori ai precedenti. Il fenomeno dell’alfabetizzazione di massa diviene così inevitabile e inarrestabile.
Significato e descrizione di incunabolo
Il termine stesso di incunabolo (che deriva dal latino umanistico incunabulum e significa in culla) richiama l’inizio di una nuova era, anche se allo stesso tempo non riesce ancora a distaccarsi dal suo predecessore, il codice manoscritto.
Del codex riprende il contenuto: non essendo ancora diffusa una produzione “originale” di libri venivano infatti copiati i testi classici di epoca romana e greca, questi ultimi tradotti in latino; dell’antico testo ne ripropone anche la scrittura (“Gli stessi termini utilizzati all’interno dell’arte tipografica si rifanno al mondo del manoscritto: scribere, forma, minii di rame…”).1
I caratteri mobili presero inizialmente le sembianze della scrittura antica (Gutenberg stesso utilizzò la gotica quando diede alle stampe la “Bibbia a 42 linee” tra il 1453 e il 1455, primo incunabolo in assoluto); il frontespizio attenderà ancora qualche decennio prima di venire introdotto come fonte delle principali notizie tipografiche ed editoriali. Nell’incunabolo infatti il titolo e l’autore erano contenuti nell’incipit del testo, mentre le note tipografiche ed editoriali costituivano il colophon, posto alla fine dello stesso.
La catalogazione degli incunaboli
Gli incunaboli conservati nelle diverse parti del mondo sono stati registrati nell’ Incunabula Short Title Catalogue: the international database of 15th-century European printing2, il database creato dalla British Library. Non si parla di una completa descrizione bibliografica, ma della raccolta di elementi essenziali o più semplicemente una scheda di intestazione (“ISTC non fornisce la descrizione dell’incunabolo, ma le indicazioni per reperirla nella bibliografia cartacea esistente”)3: autore, titolo breve , data se presente, stampatore, luogo di stampa, formato e tipo di carattere.
Una descrizione più puntuale è fornita invece all’interno del MEI (Material Evidence in Incunabola)4, che raccoglie tutte le informazioni che aiutano alla ricostruzione storica della provenienza degli incunaboli: possessore, decorazione, legatura, annotazioni manoscritte, prezzi, ecc.
In particolare esiste anche un database specifico per i possessori: the Owners of Incunabola5 che contiene non solo le informazioni bio-bibliografiche dei possessori, ma anche i link di tutte le opere appartenenti alla stessa persona, in modo da ricostruire le collezioni sparse.
Come devono essere catalogati gli incunaboli?
Al riguardo gli studi sono numerosi e il confronto attivo ancora oggi. Qualche esempio riguardo alle differenze che i catalogatori riscontrano con i libri antichi stampati dal 500 in poi:
- le REICAT (Regole italiane di catalogazione) sono chiare sul legame obbligatorio al titolo uniforme del titolo, ma è necessario tener presente che non sempre l’incunabolo ha un vero e proprio titolo, soprattutto ai primordi;
- l’incipit si trova sulla prima carta stampata: bisogna stabilire quale carta prendere in considerazione per rilevare i caratteri del primo gruppo.
È importantissimo che gli incunaboli vengano catalogati, rendendo evidente agli studiosi di tutto il mondo l’esistenza di queste preziose pubblicazioni: per questo è altrettanto importante che ogni progetto catalografico sia impostato ed eseguito con attenzione e rigore.6
1. Piero Scapecchi, Incunabolo, AIB, 2004
2. https://data.cerl.org/istc/_search
3. Edoardo Barbieri, La descrizione degli incunaboli. Per una storia, in Tra i libri del passato e le tecnologie del presente. La catalogazione degli incunaboli, cit., p. 75.
4. https://data.cerl.org/mei/_search
5. https://data.cerl.org/owners/_search
6. A tal proposito segnaliamo un bellissimo ed esaustivo articolo di Francesca Nepori della biblioteca Provinciale dei Cappuccini di Genova, che descrive il progetto realizzato dalla Biblioteca provinciale dei Frati Minori di Firenze, concluso dalla pubblicazione di un catalogo degli incunaboli descritti sulla base delle norme ISBD (A) e secondo le indicazioni date in Sbn (Biblioteche oggi, 2014 http://www.bibliotecheoggi.it/rivista/article/download/95/378)