Per questo l’archivista fa molto di più di Marco Polo che accende la curiosità e la meraviglia nella mente di Kublai Kan: l’archivio può e deve essere descritto, soprattutto nella sua fase storica, per essere tutelato, mantenuto nel tempo, conosciuto non solo dai professionisti del settore ma da tutti, fruito e valorizzato nelle forme e con mezzi al passo con lo sviluppo della tecnologia e delle società umane.
La descrizione inoltre comprende e va ad approfondire tutte le sfaccettature del termine archivio.
Se fin qui è stata posta l’attenzione sul complesso di documenti, non bisogna dimenticare che l’archivio è anche il luogo in cui viene conservata la documentazione, che sia una stanza, un piano (spesso sotterraneo o, al contrario, posto nel punto più alto come una soffitta) o un intero palazzo, non importa: si tratta dello spazio individuato, destinato ed attrezzato per accogliere documenti ordinati sui ripiani degli scaffali, identificati con numeri progressivi, che vanno a completare la descrizione attraverso mappature e indici topografici che indicano la collocazione precisa di ogni pezzo che compone l’archivio.
Last but not least bisogna considerare l’archivio come l’ente che conserva, rende consultabile e valorizza la documentazione: un esempio evidente è rappresentato dagli archivi di Stato, archivi di concentrazione, che sono responsabili di più archivi custoditi al loro interno. Anche l’archivio come ente è oggetto di descrizione: esiste infatti uno standard internazionale relativo agli istituti conservatori, che indica norme su come debbano essere espresse le informazioni relative a tali istituti.
In conclusione, con questo primo di quattro articoli, si intende accendere la curiosità e concentrare l’attenzione su una delle attività che l’archivista compie nel corso della sua vita professionale: rappresentare l’archivio attraverso le parole, schemi e standard nazionali e internazionali, descrivere per proteggere, conoscere e far conoscere il patrimonio documentale.