Records manager? Business analyst? Archivist!

Il 18 giugno 2019 si è svolto a Roma presso l’Archivio centrale dello Stato il seminario, organizzato dall’ANAI – Sezione Lazio e con il coordinamento scientifico del prof. Giovanni Michetti, dal titolo: “Provocazioni su un mondo che cambia. L’archivista una figura da declinare”.1

 

Riportiamo qui il talk di Francesca Blasetti, dal titolo: “Records manager? Business analyst? Archivist!”

 

Il presente intervento è dedicato a porre all’attenzione della comunità professionale degli spunti di riflessione, condensati in alcune parole chiave, sul profilo dell’archivista in relazione alla funzione di gestione documentale.

Rinnovamento

La funzione di gestione documentale ha conosciuto una significativa evoluzione nell’ultimo decennio, in quanto è mutato profondamente il contesto in cui ci troviamo ad operare. E’ innegabile il ruolo, positivo a mio avviso, che hanno svolto le nuove tecnologie nel determinare questa evoluzione all’interno di un più generale mutamento dei processi di lavoro e delle logiche, delle abitudini, dei comportamenti ad essi connessi. L’introduzione sempre più spinta e massiccia delle tecnologie informatiche ha infatti aumentato le esigenze di razionalizzare le attività e di uniformare i processi ai fini della loro automazione. Un segnale di tale mutamento è rappresentato anche dalla elaborazione e dalla diffusione di standard nei più diversi ambiti da parte degli organismi di normazione. Le esigenze delle organizzazioni sia private che pubbliche sono quella di avere una informazione disponibile tempestivamente e corretta e di automatizzare il più possibile i processi e la condivisione delle informazioni nell’ambito degli stessi. E’ in tale contesto che oggi deve trovare collocazione la gestione documentale, secondo una prospettiva rinnovata e più ampia, e insieme ad essa colui che è chiamato a governarla: l’archivista.

 

Progettazione

Il baricentro della gestione documentale si è spostato sulla fase di progettazione. In qualità di archivisti, infatti, siamo oggi chiamati a progettare sistemi documentalie a regolamentarne la tenuta. Questo comporta la creazione di un insieme articolato e interrelato di regole, strumenti, procedure e la definizione di attori, ruoli, processi necessari per garantire una corretta gestione del patrimonio documentario dell’ente. In qualità di archivisti, quindi, dobbiamo acquisire capacità di progettazione secondo una prospettiva orientata a quattro dimensioni ineludibili: normativa, archivistica, tecnologica, organizzativa.

 

Contaminazione

Per fare questo l’archivista deve contaminarsi. Infatti, è soprattutto in questa fase che l’archivista deve dimostrare di saper parlare diverse lingue:

  • la lingua del manager di azienda o del dirigente pubblico per comprendere in primi se gli stesso quali sono gli obiettivi e le esigenze del vertice e far comprendere a sua volta la metodologia da applicare, gli step da compiere progressivamente, prospettando i risultati finali cui tendere a breve, medio e lungo termine.

L’obiettivo dell’archivista in questa fase è ottenere un committement forte, sia a livello organizzativo che finanziario, indispensabile per la buona riuscita della sua azione. A tale scopo egli deve saper mostrare tutti i vantaggi derivanti sul piano pratico all’organizzazione da un investimento nella gestione documentale:

– ottimizzazione dei processi decisionali,

– valutazione dell’efficienza delle singole attività condotte e della performance individuale,

– identificazione di buone pratiche.

L’archivista può dimostrare ad esempio come una attenta mappatura dei procedimenti amministrativi all’interno di un ente pubblico non solo serve per essere conforme a una certa normativa ma può essere utilizzata anche a tali scopi;

  • la lingua dei tecnici informatici necessaria per presentare e valutare i requisiti funzionali sui quali costruire un sistema di gestione documentale o per comprendere le modalità più efficienti per raccordare con il sistema documentale tutti gli altri applicativi e sistemi alimentanti aziendali;
  • la lingua dei business analyst e degli analisti di processo per far comprendere che l’automazione dei processi e la connessa logica dei workflow non è semplicemente una distribuzione di attività, ma di azioni e di informazioni documentate documentate sulle attività costituenti uno specifico processo. Gli archivisti devono partecipare attivamente alla reingegnerizzazione dei processi affinché la loro digitalizzazione sia effettiva e di qualità. Ma per fare questo devono saper parlare quella lingua, rinnovando anche la veste formale di strumenti archivistici tradizionali: ad esempio i piani di fascicolazione risultano più efficaci se agganciati a diagrammi di flusso che rendano palese il legame tra il workflow e le sue evidenze sul piano documentale.

 

Trasversalità

La gestione documentale è una funzione per sua stessa natura trasversale, in quanto è una funzione di supporto alle altre funzioni di un ente. Questo dato di fatto comporta per noi archivisti il dovere di confrontarci con tematiche afferenti a domini diversi dal nostro per comprendere eventuali specifiche esigenze sul piano documentale. Un esempio su tutti: gli adempimenti derivanti dalla normativa sulla protezione dei dati personali e le importanti implicazioni che ne derivano per la gestione dei documenti. Siamo dunque chiamati a studiare ed aggiornarci continuamente, esplorando anche ambiti diversi dal nostro e che mutano in relazione alla natura dell’ente nel quale operiamo.

 

Consapevolezza

Il ruolo dell’archivista all’interno degli enti è dunque cambiato. Egli non è più una figura isolata, relegata nei confini tradizionali dell’ufficio Archivio.

L’archivista oggi è chiamato a partecipare alle dinamiche aziendali e con la sua azione deve rispondere a logiche di business, tenendo presente di dover soddisfare le istanze dei vari stakeholders, dal vertice aziendale al cittadino che deve fruire di un servizio.

Come comunità professionale dobbiamo farci trovare pronti: dobbiamo vestire nuovi abiti e parlare un linguaggio nuovo (contaminato), rimanendo noi stessi, senza sacrificare i principi della dottrina archivistica sull’altare del dato o sugli altari più disparati.

E’ importante che appariamo per quello che siamo, dei facilitatori dei processi di lavoro: l’archivistica semplifica, dipana, sostiene!

Se non lo facciamo non riusciremo a riappropriarci di spazi che ci spetterebbero per competenza ma che attualmente nella maggior parte delle organizzazioni sono occupati da altre figure: informatici, ingegneri gestionali, scienziati dell’organizzazione. Tutte figure importanti e necessarie, ma che non possono sostituirsi alla nostra professionalità. La prospettiva deve essere quella della contaminazione tra professioni, con la consapevolezza che è giunto il momento per noi archivisti di svolgere un ruolo attivo: dobbiamo essere pervasivi, dobbiamo contaminare a nostra volta!

Visione

L’archivista è palesemente una figura caleidoscopica, soprattutto nell’esercizio della funzione di gestione documentale. Non credo però sia corretto parlare di una frantumazione della figura professionale, quanto piuttosto di una specializzazione di ambito: fase corrente e di deposito piuttosto che fase storica. E’ essenziale avere una buona formazione generale nei diversi ambiti. Se pensiamo, infatti, alla fondamentale attività di valutazione dei tempi di conservazione dei documenti e di costruzione dei piani di conservazione è importante avere una prospettiva integrata tra le istanze della fase corrente o semicorrente e quelle della fase storica. Solo avendo consapevolezza delle problematiche legate al trattamento di un archivio storico e delle relative esigenze potrò effettuare una corretta selezione della documentazione sin dalla fase corrente e potrò prevenire molte delle problematiche legate alla conservazione digitale e al dialogo con i soggetti conservatori.

[1] La registrazione dell’evento è disponibile sul canale YouTube https://www.youtube.com/watch?v=HnY9TUz2IsE .