Cataloghi a schede: a cosa servono oggi?
- Biblioteca
- Febbraio 26, 2019
Entrando in biblioteca ci si imbatte ancora di frequente nello schedario cartaceo, composto da numerosi cassetti nei quali sono conservate le schede ordinate alfabeticamente e contenenti tutte le informazioni necessarie ad individuare una risorsa posseduta da una biblioteca.
Le schede mobili, dalle misure standard di 12,5 x7,5 centimetri, sono nate in Francia alla fine del Settecento e furono diffuse in Italia da Aristide Staderini, legatore-tipografo che, nella seconda metà dell’Ottocento, progettò due tipi di cataloghi a schedario per la Biblioteca nazionale centrale di Roma, uno a volumi e uno a cassetti.
Giova ricordare che il catalogo è lo strumento di mediazione fra il materiale posseduto dalla biblioteca e il lettore, “è il medium che consente alla biblioteca e al lettore di incontrarsi”1 e che, quindi, viene redatto sulla base di regole e procedure nazionali ed internazionali universalmente conosciute e condivise.
Sono stati quindi elaborati cataloghi diversi, che permettono l’accesso alla risorsa da più elementi della descrizione: il catalogo per autore e titolo, i cataloghi semantici – per soggetto e per classe – catalogo per collocazione (o topografico). Esistono numerosi altri tipi di catalogo in base ad altri elementi, come ad esempio il tipo di materiale (manoscritti, libri rari, cinquecentine…) oppure un arco cronologico, o la provenienza.
Qualunque sia il tipo di catalogo, chiunque sia stato studente prima della diffusione dell’informatica sa che la scheda di catalogo era – a parte il prezioso e insostituibile bibliotecario – l’unica modalità di connessione con il libro che si cercava, e che era necessario recarsi fisicamente in biblioteca per poterlo consultare. Sembra preistoria, oggi che, grazie alle progressive innovazioni tecnologiche, è possibile consultare i cataloghi via web e moltiplicare enormemente i punti di accesso all’informazione bibliografica.
Tuttavia anche i cataloghi a schede hanno rappresentato a loro volta una innovativa rivoluzione, soppiantando i cataloghi a volume!
Il catalogo a schede va dunque relegato in soffitta (o in cantina)? Decisamente no!
Al contrario di quanto si possa pensare, ha ancora la sua utilità, nonostante le informazioni ivi contenute descrivano – nella maggior parte dei casi – le risorse soltanto parzialmente: autore, titolo, collocazione, soggetto, classificazione, e non sempre tutte insieme.
Moltissime biblioteche – tra queste, certamente, le più antiche e importanti – descrivono in pagine dedicate del proprio sito web indicazioni e istruzioni per la consultazione dei cataloghi cartacei. Alcune hanno digitalizzato le schede dei propri cataloghi e le hanno pubblicate in rete, consentendone una più estesa consultazione2.
Ecco alcune valide ragioni per le quali questi cataloghi hanno mantenuto la loro posizione all’interno delle biblioteche:
– nonostante la crescente campagna di informatizzazione, ancora non tutti i cataloghi a schede sono stati riversati nei cataloghi informatizzati, o almeno non interamente. Quindi una parte del patrimonio della biblioteca è ancora reperibile solo attraverso il catalogo a schede;
– memoria delle vecchie collocazioni: molto utile nella fase di ricognizione e censimento delle raccolte, o per ricostruire le collocazioni di volumi apparentemente dispersi. Nella vita di una biblioteca è possibile che avvengano spostamenti, più o meno frequenti. Inoltre, in fase di catalogazione retrospettiva, l’esistenza di un’antica segnatura può essere riportata nelle note d’esemplare, rappresentando un indizio importante per la ricostruzione della storia del fondo;
– traccia “storica” del posseduto della biblioteca, che negli anni è stato scartato e non risulta quindi nei cataloghi informatici;
– se mantenuto aggiornato parallelamente al catalogo informatizzato, resta un valido strumento in caso di malfunzionamento del sistema, o nelle biblioteche che, per diverse ragioni, non hanno una connessione internet efficace;
– quando si effettua la catalogazione del pregresso, anche se “libro in mano”, il recupero delle informazioni presenti sulle schede del catalogo può essere di aiuto.
Sono solo alcuni dei motivi per i quali è da considerare, per le biblioteche, l’adozione di politiche e prassi di conservazione e di studio dei cataloghi cartacei. Essendo tanto ricchi di informazioni, rappresentano un vero e proprio patrimonio culturale e informativo da non sottovalutare.
[1] Biblioteconomia, Guida classificata, sub vocem 025.31 Catalogo
[2] Da segnalare il progetto “Cataloghi storici digitalizzati” della Biblioteca digitale italiana: http://cataloghistorici.bdi.sbn.it/index.php