Documenti: quando diventano storici?
- Archivio
- Dicembre 13, 2018
La gestione e conservazione degli archivi è regolata da un corpus normativo spesso sottoposto ad aggiornamenti e modifiche rispetto ai quali non sempre è facile stare al passo; in alcuni casi, l’interpretazione delle novità normative può non essere sempre chiara.
Un esempio relativamente recente è, ad esempio, la modifica al d.lgs n. 42/2004, Codice dei beni culturali e del paesaggio, che regola, fra le altre materie, la conservazione degli archivi: quali sono i tempi entro i quali i documenti possono essere considerati storici e di conseguenza liberamente consultabili?1.
Ci si riferisce al decreto legge n. 83/2014 che ha modificato con l’art. 12, comma 4, lettera b, l’art. 41, comma 1, del d.lgs n. 42/2004, anticipando i tempi di versamento della documentazione storica da parte delle amministrazioni pubbliche. Il comma così modificato recita ora:
“Gli organi giudiziari e amministrativi dello Stato versano all’archivio centrale dello Stato e agli archivi di Stato i documenti relativi agli affari esauriti da oltre trent’anni, unitamente agli strumenti che ne garantiscono la consultazione. Le liste di leva e di estrazione sono versate settant’anni dopo l’anno di nascita della classe cui si riferiscono. Gli archivi notarili versano gli atti notarili ricevuti dai notai che cessarono l’esercizio professionale anteriormente all’ultimo centennio”.
In precedenza le amministrazioni pubbliche versavano ai competenti istituti di conservazione la documentazione relativa ad affari esauriti da oltre quarant’anni. I tempi di versamento sono stati quindi anticipati e in teoria, se gli archivi fossero già ordinati e inventariati, potremmo attualmente consultare documenti risalenti al 1988. La nostra impressione è che ciò abbia indotto a pensare che tale modifica valesse anche per gli istituti, enti o privati detentori o possessori di archivi per i quali sia intervenuta la dichiarazione di interesse culturale prevista dall’art. 13 del Codice stesso. L’articolo 30 che disciplina gli obblighi ai quali sono sottoposti tali soggetti non è invece stato sottoposto ad alcuna modifica in questo senso e al comma 4 recita:
“I soggetti indicati al comma 1 hanno l’obbligo di conservare i propri archivi nella loro organicità e di ordinarli. I soggetti medesimi hanno altresì l’obbligo di inventariare i propri archivi storici, costituiti dai documenti relativi agli affari esauriti da oltre quaranta anni ed istituiti in sezioni separate. Agli stessi obblighi di conservazione e inventariazione sono assoggettati i proprietari, possessori o detentori, a qualsiasi titolo, di archivi privati per i quali sia intervenuta la dichiarazione di cui all’articolo 13. Copia degli inventari e dei relativi aggiornamenti è inviata alla soprintendenza, nonché al Ministero dell’interno per gli accertamenti di cui all’articolo 125”.
Tale parte del Codice non è stata quindi emendata e il termine per questi soggetti continua a rimanere quello dei quarant’anni. Per tale ragione i documenti assumono una valenza storica con tempi diversi per le amministrazioni centrali e periferiche e per gli enti pubblici, come ad esempio comuni e regioni. Questi ultimi devono quindi attualmente rendere consultabili i documenti risalenti al 1978.
1 Ci riferiamo ai documenti per i quali non sono previsti tempi diversi per l’accesso alla consultabilità, ossia quelli di carattere riservato o contenenti dati sensibili o riguardanti provvedimenti di natura penale (artt. 122-127 del d.lgs n. 42/2004).